Prosa
SI NOTA ALL'IMBRUNIRE (SOLITUDINE DA PAESE SPOPOLATO)

La solitudine di Silvio: tra ironia e poesia

Silvio Orlando in "Si nota all'imbrunire"
Silvio Orlando © Antonelli/AGF

Il nuovo lavoro di Lucia Calamaro, Si nota all’imbrunire (Solitudine da paese spopolato), con Silvio Orlando, è un piccolo capolavoro di delicata poesia, spietata dolcezza e struggente bellezza, un connubio vincente tra un testo di grande intensità, ironico e lieve, e un cast straordinario, in stato di grazia, che regala un’interpretazione vera e vibrante.

Di solitudine non si muore, ma si vive male

Il testo, scritto per il suo protagonista Silvio Orlando, è di una verità disarmante: scava in una delle “problematiche” quotidiane che affligge la nostra epoca, una malattia sempre più diffusa e trasversale, la “solitudine sociale”. La solitudine se perpetrata con insistenza e maniacale continuità può infatti diventare una patologia: un disturbo che ha conseguenze gravi come la disgregazione delle connessioni sociali, affettive e comportamentali.
Più che una società malata, l’autrice mette in scena il microcosmo egoista e singolare di una famiglia, i suoi disagi e le sue delusioni esistenziali, che dalla solitudine del protagonista viene ferita, infastidita e offesa.


Silvio, un’anima sola tra manie e fissazioni

Silvio, il protagonista, è un uomo solo, non per necessità esistenziale, ma perché ha scelto consapevolmente la propria solitudine: vive in una casa isolata, in un paesino di 14 anime. In Silvio è evidente un’insistente e caparbio impigliarsi in manie e fissazioni, stando solo ha sviluppato una sorta di pigrizia e insofferenza, è “dominato” da un desiderio di stare seduto, in disparte, di non interagire con il mondo: ha creato una sua personale realtà, che non corrisponde alla realtà oggettiva - in questa sorta di limbo sospeso in cui vive, il confine tra ciò che è e ciò che si vorrebbe fosse si fa sempre più sottile e labile, fino a non distinguere più la realtà da tutto il resto.
Silvio Orlando regala un’interpretazione magistrale, intensa e misurata, con la sua mimica essenziale ma efficace riesce a restituire le molteplici sfumature e fragilità del suo personaggio, un uomo complesso, stralunato, burbero, teneramente ironico, un’anima malinconica e sentimentale.


La famiglia, degli estranei conosciuti

Nella vita solitaria del protagonista irrompono improvvisamente i tre figli e il fratello, portando con sé i loro tic, le loro idiosincrasie, le loro fobie, i loro sogni e desideri frustrati. Sono talmente concentrati su loro stessi che sembrano non rendersi conto della faticosa scelta del padre, sono intenti a indagare l’effetto, ovvero l’isolamento di Silvio, e non la causa che ha portato a questa scelta. Si nota all’imbrunire è un dramma sulla comunicazione, o meglio sulla difficoltà di comunicare, soprattutto con le persone a noi più vicine, i parenti appunto: è come se i personaggi parlassero lingue differenti, tutti sono così focalizzati sulle proprie personali, spesso inutili battaglie, da non ascoltarsi veramente, non c’è dialogo, non c’è comprensione.

Lucia Calamaro esplora con intelligenza e sensibilità l’animo umano, ne indaga con delicatezza e onestà le pieghe più intime, evocandone affanni, paure e sogni, e riuscendo a restituire lo smarrimento e l’ansia esistenziale che dominano la nostra epoca.
Uno spettacolo elegante e raffinato, dotato di profonda forza emotiva, che fa sorridere e commuovere.

Visto il 13-07-2018
al Caio Melisso di Spoleto (PG)